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Ci chiedemmo chi o che cosa avesse potuto provocare tutto questo.

 

Questi luoghi, i nostri luoghi, non potevano dirsi più tali,

 

se non per la memoria di ciò che avevamo lasciato, molti anni prima.

 

E il silenzio intorno, come una invisibile massa solida, ci schiacciava impotenti.

 

Era il definitivo j’accuse nei confronti degli ultimi che ci avevano preceduto.

 

 

 

 

 

Torino, in un ipotetico futuro, sufficientemente lontano da noi, ma non così tanto da perderne il contatto.

 

E il racconto di un reincontro con una città, quella dell’autore, a lui ben nota, che però si mostra in una veste sconosciuta.

 

Gli elementi rappresentati sono quelli ben noti della città: monumenti, edifici, opere architettoniche e d’arte.

 

Quel che è cambiato è il contesto circostante, sicuramente non più quello urbano originario.

 

Si introduce, in più, un fatto nuovo che suscita le domande dell’incipit: gli elementi architettonici, monumentali, artistici, originariamente caratterizzanti la città, si mostrano clonati e talora deformati.

 

Cosa è successo perchè avvenisse questa trasformazione?

 

Una guerra? Eppure non ci sono macerie e rovine.

 

Una pandemia? Non si vedono tracce umane.

 

Qual'è stato il fattore generante questo stravolgimento di una realtà totalmente differente nel passato a noi noto?

 

E’ il punto di domanda che l’autore lancia al mondo esterno.

 

Siamo sicuri di avere il controllo di tutti i fattori ambientali od umani che possono modificare nel bene e nel male il mondo e le città in cui viviamo?

 

Non stiamo probabilmente gettando le basi perchè qualcosa a noi oggi totalmente sconosciuto, e forse terribile, potrebbe un giorno prenderci la mano e diventare totalmente incontrollabile?

 

Il silenzio delle immagini, o visioni come le chiama l’autore, proposte in questo lavoro parla da sè: ci impone un momento di riflessione, su ciò che siamo e ciò che potremmo, o probabilmente potremo, diventare.